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Il meglio dell'est e dell'ovest

Burkhard Bacher, già chef stellato e insignito di due cappelli dalla guida Gault Millau, nativo di Prati presso Vipiteno, con il ristorante “Kleine Flamme” (piccola fiamma) nel centro storico di Vipiteno ha realizzato il suo sogno: un proprio ristorante specializzato nella cucina mediterranea con influssi asiatici. E così entusiasma ospiti da tutto il mondo.

“Vale la pena fare una deviazione a Vipiteno per questo piccolo ristorante”, così scrive un ospite in un commento molto positivo sulla cucina del ristorante “Kleine Flamme”. Burkhard Bacher, topchef di Prati, ha realizzato il sogno della sua vita e con la sua particolare cucina italo-thai appassiona buongustai da tutto il mondo. Il suo mestiere lo ha imparato nei migliori hotel del mondo, dove ha cucinato per teste coronate come Re
Juan Carlos di Spagna, Regina Margherita di Danimarca e Regina Sirikit della Tailandia.

Signor Bacher, quando ha scoperto la sua passione per la cucina?

Burkhard Bacher: Da sempre ho mangiato bene. Da bambino mia nonna mi preparava pane fatto in casa con burro fresco cosparso con un po’ di zucchero – questo è il mio primo e più importante ricordo gustoso che non ho mai scordato fino a oggi. Da adolescente ho deciso di frequentare la Scuola professionale alberghiera e alimentare a Bolzano e di seguito ho cucinato nelle migliori strutture dell’Alto Adige.

Dopo ha lavorato ovunque al mondo. Dov’è stata la sua prima tappa?
Un giorno ho sentito parlare di Heinz Winkler e del suo famoso ristorante “Tantris” a Monaco. La lista d’attesa di quelli che volevano lavorare e imparare da lui era lunghissima, ma ho tentato lo stesso, mi sono candidato e per fortuna sono stato accettato. Sono uno dei pochi altoatesini, che hanno potuto imparare da Winkler per due anni interi. È stata una scuola molto dura, che mi ha segnato e che alla fine è stato il trampolino di lancio per la mia carriera.

E com’è nato l’amore per la cucina tailandese?

Agli inizi degli anni 90 ho sentito parlare del miglior hotel del mondo, l’”Oriental” a Bangkok e naturalmente ho voluto lavorare lì. Alla mia prima richiesta, la risposta fu: “Sorry, no chance”. Quando il generalmanager Kurt Wachtveitl però ha sentito che per due anni ho lavorato al “Tantris”, mi ha subito assunto. Con alcune interruzioni ho lavorato per tre anni a Bangkok, dove ho imparato soprattutto la cucina tailandese, ma anche quella giapponese e cinese.

Lei non ha solo portato la Tailandia in Alto Adige, ma anche l’Italia a Bangkok. A cosa è dovuta quest’occasione?

I migliori hotel della Tailandia, Singapore, Macao e Hongkong volevano offrire ai loro ospiti il meglio della cucina italiana e hanno organizzato un proprio festival gastronomico. Visto che a Bangkok godevo di un’ottima reputazione, sono stato scelto. Per circa 14 giorni ero lo chef con una squadra di 35 collaboratori. Ho pianificato in anticipo i menu, ho mandato le ricette e le foto delle singole portate al manager della cucina. Circa tre
giorni prima dell’inizio del festival sono volato nelle rispettive metropoli per istruire la squadra di cucina.

Come si gestisce un tale evento in così poco tempo?

Anche in questo caso il “Tantris” è stata un’ottima scuola, dove ho imparato la perfezione. A questi livelli non sono ammessi errori. L’”Oriental”
a Bangkok per 13 anni di seguito è stato il migliore hotel al mondo – e questo è tutto dire.

Come è nata la sua idea per questo particolare stile “italo-tailandese”, quando vent’anni fa ha rilevato il ristorante “Kleine Flamme”?
Allora mi sono consultato a lungo con mia moglie. I vantaggi della cucina tailandese sono la sua leggerezza e la sua salubrità. Si evita di usare panna e burro, ma soprattutto si cucinano sempre ingredienti freschi. Anche l’utilizzo di sale è molto ridotto, in compenso ci sono molte erbe e spezie.

Come descriverebbe la sua cucina oggi?
La considero una cucina mediterranea personalizzata. Si, pietanze mediterranee con influsso asiatico, o meglio: una cucina globale, dove unisco il meglio dell’Est con il meglio dell’Ovest.

Qual è la componente asiatica nei suoi piatti?
In primo piano sono le spezie e naturalmente il modo attento nella preparazione, cioè a vapore o la frittura. In questo i cuochi asiatici sono dei veri maestri. Io utilizzo in questo caso il wok. Un vero tabu per me sono in ogni caso prodotti preconfezionati.

Esiste una propria cultura asiatica del cibo?
In effetti! Al contrario di noi europei, per gli asiatici il cibo ha un valore molto più alto. Mangiare in oriente non significa solo nutrirsi, il cibo bensì ha una valenza altamente sociale: si mangia tutti insieme. E naturalmente anche il gusto gioca un ruolo importante. I miei colleghi asiatici spesso mi hanno portato in ristoranti, dove vanno solo i residenti e dove nessun europeo ha mai messo piede. Non ho mai mangiato meglio in tutta la mia vita.

Dove trova le erbe e spezie asiatiche e gli ingredienti speciali per la sua cucina?

Oggi è abbastanza facile trovare tutto, mentre un tempo era difficilissimo. Quando nel mio ristorante ho iniziato con questa cucina ho dovuto andare fino a Monaco in Baviera per trovare fornitori che importavano dalla Tailandia. Molte erbe e spezie asiatiche allora erano sconosciute da noi.
Per fortuna avevo molti amici e conoscenti che mi portavano valigie piene d’ingredienti asiatici quando tornavano dalle vacanze.

Da poco le norme europee consentono anche la preparazione e il consumo d’insetti commestibili, in parti dell’Asia una realtà normale. Cosa ne pensa?
Considerando il nostro spreco di risorse naturali mi sembra una possibilità interessante e forse anche inevitabile. A Bangkok ho assaggiato anch’io coleotteri.

Nel suo ristorante proporrebbe a chi vuole provare un piatto del genere?
Penso che non bisogna seguire ogni moda, ma se qualcuno me lo chiede, magari proverei! Preferisco però sperimentare con ingredienti locali come ad esempio il mio curry alpino.

Ci può rivelare la ricetta?
È segreta (dice ridendo). Ho lavorato, sperimentato, provato molto per raggiungere la consistenza e il gusto giusto e penso di esser stato in grado di creare una cosa veramente unica.

I suoi colleghi asiatici si sono dimostrati interessati a imparare la cucina europea?
Definitivamente, specialmente i piatti di pasta e i risotti hanno riscosso grande interesse. Non ho avuto nessuna difficoltà a insegnare loro la cucina italiana. Sono molto diligenti e ambiziosi. Anche se spesso si è fatto tardi, dicevano semplicemente: “No problem, Chef! Take it easy”. L’amore per la pasta e il riso accomuna europei e asiatici, anche se in Asia la pasta viene prodotta in modo completamente diverso come ad esempio la pasta Mun senza uova o la pasta di farina di riso.

Qual è la cosa più importante per una buona cucina?
Gli ingredienti! Devono essere di altissima qualità. Con ingredienti scadenti è difficile cucinare qualcosa di buono. Per questo nel mio ristorante utilizzo soltanto prodotti freschissimi di altissima qualità.

Qual è il suo piatto preferito?
Io amo i classici canederli. Quando ho una giornata libera, vado a mangiare canederli.

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